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Giorgio e io da piccini

Pubblicato da in persone ·
Tags: ricordi


Giorgio ha due anni più di me e siamo cresciuti assieme all’Albergaccio.Entrambi figli unici, lui abitava con i mei zii in quella che è adesso la mia casa ed è ancora oggi il fratello che non ho mai avuto.
Al piano di sopra c’eravamo io, mio padre, mia mamma, i miei nonni e al piano di sotto Giorgio, mio zio Lido e mia zia Elide.Due abitazioni perfettamente speculari, costruite a cominciare dalla fine degli anni ’60 con sacrifici e che ci hanno visti amici, qualche volta ostili, confidenti e complici di marachelle.Giorgio ne ha buscate più di me, ma abbiamo sperimentato giochi da ragazzi insoliti che spesso originavano da sue iniziative, tipo la volta che, scovata una siringa in casa, mi mostrò come, iniettando dell’acqua all’interno dei pomodori, questi aumentassero straordinariamente di volume.
Disgraziatamente, una mossa azzardata mentre mi giravo fece sì che l’ago mi si conficcasse nel dito medio della mano sinistra, trapassando il dito da parte a parte.A nulla valsero la prontezza e il sangue freddo di Giorgio nello sfilarmi l’ago e nel risolvere l’inconveniente: mi misi a piangere e i nostri genitori si accorsero che era successo qualcosa.Purtroppo la serata finì con me al Pronto Soccorso dove mi beccai l’antitetanica e per mio cugino una spiacevole scaldata in altro modo.
Oggi, di me piccina, lui ricorda in particolar modo il morso che gli affibbiai sul petto mentre, seduti sulle scale dell’attuale Sosta, come passatempo mi dava dei secchi cazzotti su una spalla.
Giorgio possedeva anche pistole giocattolo a fulminanti e miccette che usava mettere dentro a un formicaio, in un buco basso del muro dell’Albergaccio, creando stragi di formiche.
Fabbricava anche canne da pesca con il bambù per pescare le ranocchie nel fontone e, specializzatosi negli anni a venire, catturò anche un’anguilla che mi mostrò fiero in un secchio.Fu l’unico che assaggiò inconsapevole il riccio arrosto cucinato da Primetta, l’unico che riusciva ad arrampicarsi in alto sugli alberi fino a sedersi in una specie di sedile creato dai rami, il primo a raccogliere i fichi, le noci, le ciliegie e le albicocche appena erano mature, sempre che non ci fosse passato prima nostro nonno.Aveva una spiccata passione, ereditata da mio zio di cui mantengo alcune creazioni in legno di quando era più o meno della sua età, a lavorare il legno.Sono stata spesso a guardarlo armeggiare con la morsa, il seghetto e i chiodi.Una volta, spinti da una specie di tutorial letto su uno dei manuali delle Giovani Marmotte, costruimmo con il legno e la velina, anche un aquilone che non dette però i risultati sperati.
Aveva dei giochi in scatola stratosferici, tra i quali spiccavano i telefoni intercomunicanti: due telefoni grigi, simili a quelli veri che avevamo già, collegati da un filo lunghissimo che permetteva di collocarli in stanze differenti della casa e avviare così conversazioni interessanti.
Meno interessanti erano la scatola dei giochi con la roulette, con la quale abbiamo giocato più spesso, e la pista elettrica delle macchinine di cui non capivo come mai ogni tanto leccasse il rame che c’era sotto per farle andare più veloci.Giocavamo spesso anche a carte, specie briscola, scopa e rubamazzo, facevamo tornei anche con i nostri nonni ma purtroppo, mentre nostra nonna era più propensa a farci vincere, il nostro nonno era un abile baro e non ci lasciava via di scampo.
Ho sempre pensato che Giorgio fosse su un gradino superiore della scala di preferenze di mia nonna, e l’ho sempre accettato di buon grado.
Nostro nonno era un fumatore, e dopo pranzo sedeva spesso sulle scale a fumarsi una sigaretta.Noi sedevamo con lui e Giorgio una volta gli chiese più volte di poter fare un “peo”, ma fummo subito colti in flagrante da nonna Maria, che brontolò il marito accusandolo di far fumare “questi citti”.
I compleanni della nostra infanzia li abbiamo festeggiati sempre insieme: le nostre mamme ci preparavano torte a più piani, farcite con crema, panna, cioccolata e alchermes, decorate con ciliegie candite buonissime o con codine di zucchero multicolori.Sui tavoli spiccavano sempre le bottiglie di Amaro Cora, Punt & Mes e altri liquori che noi non bevevamo mai.
La preparazione dei dolci ci vedeva comunque assistere e partecipare al mescolamento, per poi raschiare con il cucchiaio e gustare i rimasugli dell’impasto, trasferito poi nella teglia da forno.
Sulle prelibatezze che le mani delle donne della nostra famiglia riuscivano a preparare, scriverò più avanti.Di recente Giorgio è riuscito a recuperare alcune foto della nostra infanzia ed anche delle ricette scritte a mano da mia zia, con qualche appunto o variazione nostri.
Possedeva anche un moderno mangiadischi arancione su cui poter sentire i dischi che compravano i nostri genitori, prevalentemente liscio e successi di Sanremo.
La Domenica mattina andavamo spesso all’Odeon a vedere un film, da bambini e da soli, cosa impensabile al giorno d’oggi.
Siamo stati anche in piscina in Piazza Amendola, sempre da soli all’andata e al ritorno, a frequentare corsi di nuoto, e anche, quando ci appestammo di verruche, parecchie mattine al Santa Maria della Scala, in Dermatologia dal dottor Fimiani, a farcele cauterizzare con la neve carbonica.
Posso ora anche dire che a cinque anni sono stata in macchina con Giorgio per un brevissimo tragitto, sulla 500 di mio zio, ma guidava lui.
Eravamo troppo avanti.





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